Flory Van Donck, il golfista belga 4 volte vincitore dell’Open d’Italia

Il nome potrà dirvi poco o niente, a meno che non siate un bel pezzo avanti con gli anni e magari degl’inguaribili e pure aggiornatissimi appassionati di golf. Ma Flory Van Donck è pur sempre detentore di un primato che ad oggi pare difficile da eguagliare, ovvero vincitore di quattro edizioni dell’Open d’Italia, anche se, ad onor del vero, è questo un vanto che condivide con il francese Auguste Boyer… ma qui si parla già degli albori del torneo, a cavallo tra anni Venti e Trenta.

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Belga di Tervuren classe 1912, Van Donck passa professionista all’eta di 19 anni, nel 1931, diventando di fatto uno dei giocatori dell’Europa continentale di maggior fama, in grado di competere con i golfisti britannici. Ha uno stile poco ortodosso, forse, ma efficace, e per due anni successivi, 1936 e 1937, vince il Dutch Open, battendo prima l’inglese Francis Francis ad Hilversum e poi proprio Boyer a Kennemer.

Ma è in Italia, soprattutto, che il campione belga dà sfoggio della sua classe e nel 1938, al Circolo del Golf di Villa d’Este a Como, nell’ultima edizione prima dell’interruzione provocata dalla Seconda Guerra Mondiale, trionfa in 276 colpi davanti a Pulvio Travaini.

Flory Van Donck fa in tempo a vincere per la prima volta il torneo di casa al Royal Golf Club of Belgium a Ravenstein battendo Max Faulkner, riscattando l’amaro secondo posto del 1935 quando fu Bill Branch a precederlo ai playoff nonostante un giro in 65 colpi (-8 sotto il PAR) che è un altro record che tuttora resiste, avviando una serie di cinque successi davanti al pubblico amico, per vedersi poi stoppare dall’orrore del conflitto bellico che lo tiene lontano dall’attività negli anni di massimo splendore.

Nondimeno, alla ripresa, è pronto a riprendersi il posto tra i migliori e se vince ancora in Olanda e in Belgio, nel 1947 si presenta da detentore del titolo all’Open d’Italia, stavolta nel magnifico scenario del Circolo del Golf di Sanremo, confermandosi campione davanti a quell’Aldo Casera che l’anno dopo gli succede nell’albo d’oro. A Manchester conquista il primo successo nel Regno Unito, battendo l’americano Johnny Bulla, ed è l’antipasto di quelle che saranno le sue prestazioni al British Open.

Già, perché se Flory Van Donck rinnova il successo in Italia nel 1953 a Villa d’Este e nel 1955 a Venezia completando il poker “tricolore“, nello Slam più prestigioso è protagonista di due edizioni che lo vedono chiudere nella scomoda veste di runner-up, ovvero in seconda posizione, nel 1956 quando a batterlo è il leggendario Peter Thomson, 286 colpi a 289, al terzo successo consecutivo dei suoi cinque complessivi, e nel 1959 sul green di Muirfield quando a infrangere i suoi sogni di gloria è il sudafricano Gary Player, riducendo il margine a due soli colpi, 284 a 286.

Ma in Europa la classe golfistica di Flory Van Donck, così come i suoi modi eleganti da vero gentiluomo, continuano a dispensare prodezze e il 1953 è per lui l’anno della consacrazione definitiva, imponendosi in sette tornei europei – altro record in curriculum, da condividere con l’australiano Norman Von Nida che vi riuscì nel 1947 -, che gli vale l’assegnazione dell’Harry Vardon Trophy destinato al miglior giocatore del continente.

Tra quelle perle, oltre a Belgio, Olanda, Italia, Germania e Svizzera, meritano di esser soprattutto ricordate le vittorie al Silver King Tournament di Rickmansworthe, al Yorkshire Evening News Tournament, due successi di prestigio in quella terra d’Inghilterra che adotta definitivamente il belga tra i giocatori più stimati dall’esigente pubblico d’Oltremanica. Il che equivale ad una sorta di laurea del golf.

E se l’Italia lo elegge campione ad hoc del suo torneo di maggior caratura internazionale, altresì a casa nostra Van Donck ottiene l’ultima delle sue numerose vittorie, quando nel 1962, ormai 50enne, trionfa nella prima edizione della Lancia d’Oro al Golf Club di Biella.

In effetti la carriera del belga è tra le più longeve, se è vero che nel 1979 partecipa per la diciottesima ed ultima volta alla World Cup, manifestazione a squadre che lo vede individualmente trionfatore nel 1960 a Portmarnock, nei sobborghi di Dublino, prendendosi il lusso in quell’occasione di battere un mito del golf come Arnold Palmer.

E se per quell’impresa Van Donck si guadagnò la palma di sportivo belga dell’anno, se universalmente viene riconosciuto come il golfista più forte d’ogni epoca del suo paese (forse assieme a Donald Swaelens), nondimeno Flory sarà sempre, per noi italiani, l’uomo la cui mazza seppe calare un poker d’oro.

Ed un record è pur sempre un record.

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