Il golf non è il gioco della perfezione è un libro davvero prezioso. Scritto da Bob Rotella insieme al giornalista Bob Cullen, ed edito da Caissa Italia, si può davvero definire – come riporta la copertina – La bibbia del gioco mentale.
Se infatti il mitico Le cinque lezioni di Ben Hogan è La bibbia dello swing, in quanto testo tecnico di fondamentale importanza per chi vuole migliorare la propria esecuzione del gesto, altrettanto fondamentali sono queste poco più di 150 pagine per sviluppare un aspetto troppe volte sottovalutato e poco allenato: quello mentale, molto più decisivo di quello che si crede.
Hai mai pensato a quella volta che stavi segnando uno score favoloso fino a due buche dal termine? Poi magari hai iniziato a pensare al punteggio e… patatrac, la frittata è fatta, con due X a rovinare un giro fin lì memorabile.
Oppure quella volta che ti sei detto: “Oddio c’è l’ostacolo d’acqua, NON devo finirci dentro!”. E invece sai benissimo com’è andata. Spesso infatti “il cervello, a un certo livello, non sembra capire la parola ‘non'” [pag.44]
Ecco, Il golf non è il gioco della perfezione analizza tutte queste situazioni e quello che sta sotto, cioè il funzionamento della mente del golfista, aiutandoci a trovare la soluzione migliore. E a parlarne è Bob Rotella, non uno qualsiasi.
Se non lo conosci, la domanda sorge spontanea: chi è Bob Rotella?
Uno dei più grandi e noti psicologi dello sport, che ha lavorato con gli atleti più famosi del mondo (LeBron James ad esempio), e con i migliori golfisti professionisti, del calibro di Rory McIlroy, Pádraig Harrington, Keegan Bradley, Graeme McDowell, Ernie Els e, andando più indietro negli anni, Fred Couples, Seve Ballesteros, Nick Price, Tom Kite e tanti altri. Giocatori che hanno portato a casa fior di Major.
Insomma, di certo non l’ultimo arrivato.
Quello che mi ha colpito leggendo questo testo, è la semplicità delle informazioni che Bob trasmette al lettore: quasi ovvie a volte, eppure messe da parte da tutti noi appassionati di golf, troppo spesso presi dal voler bombardare col driver dal tee, troppo presi dalla meccanica del colpo – ruota le spalle, tieni la testa ferma, eccetera – e dal puro esercizio fisico.
Non che questi ultimi aspetti non siano importanti, ma dimmi la verità: quanto tempo spendi in campo pratica per allenare il gioco mentale? Quante volte esegui una precisa routine durante una gara al circolo?
Spesso per pigrizia, o per mancanza di consapevolezza dell’importanza dell’aspetto psicologico e di un mental coach che ci supporti (i professionisti ce l’hanno), non alleniamo quella zona altrettanto vitale. Per poi magari arrabbiarci, visto che nutriamo sempre grandi aspettative di punteggio.
Ma addentriamoci più nello specifico delle pagine e nei segreti che Bob Rotella rivela a noi dilettanti mentre racconta molti aneddoti e scambi di conversazione tra lui – il coach – e i golfisti che nel corso degli anni si sono rivolti a lui.
Il golf non è il gioco della perfezione: 22 capitoli di saggezza
Il libro è suddiviso in piccoli e scorrevoli capitoli, per la precisione 22, più un’introduzione, una prefazione di Tom Kite (vincitore U.S. Open) ed un’appendice che riassume “Le regole di Rotella”.
Il linguaggio usato dall’autore è asciutto ed efficace, merito anche dell’ottima traduzione italiana di Yuri Garrett.
La copertina cartonata è “cugina” del libro di Hogan, stessi colori ed eleganza, senza le illustrazioni, essendo un testo che non ha niente da “spiegare” a livello tecnico, nutrito invece di parole importanti. Da sottolineare e consultare in ogni momento in cui il tuo golf lo richiede.
Non posso toglierti il piacere di questa lettura – a mio modo di vedere fondamentale se si vuol davvero migliorare sotto tutti gli aspetti – raccontandoti tutto quello che “il Doc” (il soprannome di Bob Rotella) racconta in queste pagine molto dense. Ma ci sono molti concetti che voglio riportarti, per farti capire meglio cosa significa “gioco mentale”.
Senza dimenticare l’importanza di poter sognare in grande e di inseguire il tuo obiettivo – qualunque esso sia, da diventare scratch a vincere la coppa di terza categoria – con grande forza di volontà, la prima frase che mi ha colpito la trovi a pagina 19:
“Devi decidere come pensare prima di entrare in campo e poi continuare a farlo ad ogni colpo. Devi scegliere di pensare bene.”
Vietato lasciarsi influenzare dagli eventi – un putt corto sbagliato, uno slice o fuori limite – ma pensare positivo, ripartendo ogni volta, azzerando quello che è successo, senza dar sfogo alla rabbia, ma semplicemente accettando gli errori e affidandosi al libero arbitrio, cioè la possibilità di scegliere come e cosa pensare.
Un insegnamento golfistico fondamentale, che può essere riportato anche nella propria esistenza extra campo.
L’accettazione è un concetto ben espresso nel capitolo 11 che dà il titolo al testo: Il golf non è il gioco della perfezione, e gli errori fanno parte di questo sport.
Un’altra parola fondamentale che ritorna più volte nel libro è FIDUCIA: affidarsi al proprio swing, qualunque esso sia, senza pensare alla meccanica durante il gioco. Anche quando si è sotto pressione ed in difficoltà, pensare alla tecnica – dice il Doc – alimenta i dubbi. In questi casi, bisogna invece crearsi una realtà positiva, della serie “il prossimo sarà un colpo migliore”.
Bersaglio, routine pre-tiro e molto altro
La parte fondamentale del testo è quella centrale, i capitoli da leggere, ri-leggere e studiare a fondo sono il numero 7, dal titolo Il terzo occhio, ed il numero 8, Il bastone e il vincastro.
Forse prima ti sei chiesto: “Ma se non devo pensare alla meccanica dello swing, a cosa devo pensare?”
Bob pone l’accento sulla rilevanza del bersaglio: “Prima di un qualsiasi colpo, il golfista deve scegliere il bersaglio più piccolo possibile” [pag.39] perché così cervello e sistema nervoso reagiscono nel miglior modo possibile, e la mente entra in uno stato di efficienza.
Strettamente collegato al bersaglio è la routine pre-tiro che, se buona, consente quella regolarità che il golfista – in particolar modo dilettante – spesso ha difficoltà a mantenere.
“Guarda il bersaglio, guarda la palla, fai lo swing.” [pag.51]
Stare troppo sulla palla, pensare a ruotare le spalle o cose simili, sono azioni da evitare assolutamente.
Il libro evidenzia anche quanto gioco corto e wedge (sotto 120 iarde) siano di gran lunga più importanti del bombardamento tipico col driver, colpo che spesso scegliamo per semplice machismo. In campo pratica, almeno il 70% deve essere dedicato al gioco corto.
Per quanto riguarda il putt, decisione e sensazione valgono molto più della tecnica, sottolinea Rotella, e la routine rimane la stessa.
E ancora: imparare a rilassarsi, scendere in campo per divertirsi senza nutrire aspettative di punteggio, pensare di tirar bene per eliminare la paura, utilizzare una strategia conservativa basata sul colpo che sai tirare in base alle tue doti, avere un piano di gioco, praticare con qualità ed immaginare “bene”.
Insomma, tante questioni di vitale importanza, tutte analizzate citando esempi tratti dalla pratica dei grandi giocatori.
Sapere che anche fenomeni del calibro di Ballesteros hanno avuto crisi di gioco, affidandosi a psicologi dello sport come Bob Rotella a cosa ti fa pensare?
Sì, al fatto che il gioco mentale è davvero importante e, se non lo alleniamo – tu come io -, il nostro percorso sul green sarà sempre limitato.
Insomma, è giunta l’ora di leggere Il golf non è il gioco della perfezione, te lo consiglio caldamente: io lo custodirò come libro prezioso nella mia biblioteca del golfista. Pronto a riaprirlo al bisogno.